venerdì 4 settembre 2020

E' buio sul ghiacciaio

Per andare in montagna si possono scegliere vari modi. a seconda di quanto ci teniamo a raggiungere una punta. Se si hanno soldi, si può arrivare a spendere varie decine di migliaia di euro per scalare l'Everest come alcuni  fanno oggi, altrimenti nel 1952  si poteva decidere di partire in bicicletta e dopo aver pedalato per 240 km, fare la salita in prima solitaria della via aperta da Cassin sulla parete nord-est del Pizzo Badile in sole 4 ore, quando una cordata normale  ci  impiegava 3 o 4 giorni, e inforcare nuovamente la bicicletta per tornare a casa,  per poi addormentarsi pedalando e  svegliarsi pochi secondi dopo al contatto delle gelide acque dell'Inn. Questo singolare episodio, la dice lunga sulla tenacia con la quale Hermann Buhl scalava le montagne.
Nato nel 1924 a Innsbruck è riconosciuto come uno dei più grandi alpinisti dell'epoca.Ultimo di 4 fratelli dopo la morte della madre, a quattro anni fu mandato in orfanatrofio. Accolto dalla famiglia di una zia,  nonostante avesse un fisico gracile, iniziò nel 1930 a fare le prime escursioni in montagna e nel 1939 si iscrisse al Club Alpino Austriaco. Iniziò a fare escursioni sempre più impegnative, rinforzando contemporaneamente il fisico arrivando presto a fare ascensioni su roccia del VI grado di difficoltà, finchè nel 1940 divenne guida alpina realizzando uno dei suoi sogni. 

Da quel momento la sua attività alpinistica fu tutta un successo dopo l'altro, al punto che nel 1953 fu chiamato a fare parte della spedizione tedesca al Nanga Parbat. Hermann iniziò a tenere un diario di questa incredibile esperienza che il 3 luglio  lo vide raggiungere in solitaria gli 8125 m  della vetta.
L'anno dopo usciva la prima edizione di E' buio sul ghiacciaio, nel quale era descritto il suo approccio alla montagna, le prime scalate, le prime conquiste e che divenne subito un classico della letteratura alpinistica.
Nel 1957  partecipò a una seconda spedizione che lo portò in vetta al Broad Peack. Pochi giorni dopo tentò la salita del Chogolisa con Diemberger, ma il  destino aveva deciso che Hermann non sarebbe mai tornato da questa montagna: morì il 27 luglio precipitando a causa della rottura di una cornice intanto che  rientravano all'ultimo campo dopo avere rinunciato alla salita a causa del maltempo. Su suggerimento di Hermann stesso si erano slegati in salita intorno a 7000 m di quota. era una bellissima giornata e Buhl era in perfetta forma. Come a volte succedein altissima quota, un repentino cambio di tempo rese impossibile proseguire la salita, imponendo il rientro durante il quale avvenne la tragedia.
Anche durante questa spedizione Buhl tenne un accurato resoconto.  La trascrizione integrale di entrambi i suoi diari  avvenne solo cinquanta anni dopo, grazie all'interessamento di Kurt Diemberger, suo ultimo compagno di cordata, e Hans Kammerlander. Grazie aDiemberger  la vedova di Hermann recuperò i diari del marito, e una un anno dopo il tragico incidente una spedizione giapponese ritrovò un ulteriore diario che venne consegnato alla vedova.

In questo volume sono racchiuse alcune tra le più belle pagine di storia. All'epoca di Hermann Buhl essere chiamati a partecipare a una spedizione in Himalaya  un onore riservato a pochissimi. Bisognava essere forti alpinisti, il costo del viaggio era  alto e poche, se non nulle, erano le informazioni che riguardavano i territori attraversati; anche le salite erano delle incognite sia come terreno che come difficoltà;  erano un espressione di conquista non solo di vette inviolate ma anche della scoperta dei limiti umani, perchè poco si sapeva degli adattamenti dell'uomo alle grandi quote. Anche l'attrezzatura in dotazione agli alpinisti, pur essendo la migliore in commercio, era ben lontana da quella in uso anche solo pochi decenni più tardi. 

La foto di copertina è il ritratto di Buhl ad opera di Fritz Aumann presa durante la salita al Nanga Parbat.



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